samedi 29 septembre 2012

La francofonia

Tra poche settimane (dal 12 al 14 ottobre) si terrà a Kinshasa il Summit della francofonia, cioè dei rappresentanti dei paesi francofoni del mondo. Circa 220 milioni di persone al mondo parlano francese. E circa un terzo sono proprio nella Repubblica Democratica del Congo. Ovviamente l'evento è anzitutto politico, per gli incontri (e i non incontri) tra i vari capi di stato, ma ha anche il suo valore culturale. Dovrebbe permettere a questo grande paese che è la RDC una vetrina positiva. Purtroppo le premesse non sono buone perché l'Est del paese è tormentato dalla guerra e ogni mediazione, a causa dei vari interessi economici e politici in gioco, si sono rivelati sinora inefficaci. A livello ancora più pratico, questo grande avvenimento ha obbligato le istituzioni pubbliche a riaggiustare un po' la grande Kinshasa. Non solo dalle colline si può già contemplare il grattacielo illuminato, rimesso a nuovo come albergo per gli ospiti in arrivo, ma soprattutto in alcune zone le strade sono divenute più ampie e praticabili, asfaltate e - in parte - illuminate. Anche noi Paolini ci stiamo impegnando per allestire uno stand nello spazio accanto allo Stadio dei Martiri che sarà teatro degli avvenimenti aperti al pubblico. Cosa produrrà questo sforzo organizzativo eccezionale per la città capitale di un paese dallo sviluppo lento, bloccato da tanti impedimenti? Spero soprattutto una maggiore consapevolezza che volendo si può fare tanto, ci si può incamminare verso un vero progresso sociale, politico, economico; per un Congo che - e qui deve essere la Francia in prima linea,con l'arrivo a Kinshasa di Hollande - non venga solo sfruttato dalle multinazionali per le ricchezze naturali o dagli stati per giochi di supremazia planetaria, ma rispettato e aiutato a crescere. E' chiedere troppo? Non penso...

jeudi 12 juillet 2012

Clima colorato



Dopo diversi mesi provo ad aggiornare questo blog. In mezzo tanti avvenimenti lieti e tristi che hanno riempito in maniera a volte esagerata le mie giornate africane. Due fra tutti: la morte del primo paolino congolese, al quale tutti qui a Kinshasa eravamo e siamo molto legati; la visita del Superiore generale della Società San Paolo in occasione della mia nomina a superiore regionale della Regione Congo e dell’Assemblea di programmazione.
Per essere però “sulla notizia” arrivo immediatamente all’esperienza degli ultimi tre giorni. Ho viaggiato verso la Nigeria, il più grande stato africano per numero di abitanti. Ovviamente per incontrare i miei confratelli paolini e le loro comunità in vista di trovare qualche punto di incontro per collaborare tra africani. La Nigeria - è il ritornello di tutta l’Africa per le risorse naturali - vive la grande contraddizione di essere tra i paesi più ricchi di petrolio al mondo, ma di non avere raffinerie e quindi di dipendere dalle importazioni per il carburante... Ma a parte questo, si riconosce subito una nazione, in confronto alla RD Congo, molto più sviluppata economicamente, forse anche socialmente. Oltre la brevità del mio contatto con questa realtà, il limite della conoscenza è dovuto anche al fatto che per ragioni di sicurezza verso le 5 del pomeriggio quasi tutto si ferma e si è obbligati a stare in casa, in comunità. Prima di addentrarmi in questi rischi sulla sicurezza vorrei però parlare del grande e fruttuoso lavoro apostolico della Famiglia Paolina in Nigeria. SSP e FSP sono presenti in più città con centri di diffusione. Noi paolini a settembre avremo la gioia della professione dei primi paolini nigeriani. Infatti finora sono i confratelli dell’India che gestiscono in maniera eccellente la nostra presenza. Per tornare alla sicurezza: c’è il rischio reale di essere rapiti e rapinati. La comunità di Enugu è stata derubata di tutto in pieno giorno. Questa situazione però non è legata ai problemi di intolleranza verso i cristiani, che riguardano soltanto alcuni stati e alcune parti dell’immenso paese. Chiaro però che con le notizie che rimbalzano sui media, si ha la percezione di un paese in guerra. Devo dire che camminando per le strade ho trovato invece la solita allegria e apertura africana, pur in un contesto anglofono, che da un’impressione diversa rispetto a quello francofono dove vivo. Il clima è di accoglienza e con facilità trovi qualcuno che vuole prendere una foto con te... bianco, nero e tutti i colori. E per natura sono portato a vedere il lato positivo delle situazioni.

samedi 7 avril 2012

La vita di Dio proprio in mezzo alla nostra vita


La Risurrezione non è un'uscita immaginaria dal mondo reale, ma l'emergere della stessa vita di Dio proprio in mezzo alla nostra vita.
Vedo i volti di uomini e donne, bambini, giovani, adulti e anziani, che spesso arrivano a bussare alla nostra porta per chiedere un aiuto: Emmanuel, Christian, Véronique, Pascha, Gabriel ... Sono sicuro - e me lo aspetto - che la Risurrezione del Signore cambierà i loro volti, ma poi saranno sempre qui a chiedere condivisione, a chiedere di comunicare la gioia della vita risorta, la vera buona notizia da annunciare. E per me, per noi, la gioia di crescere ogni giorno nell'amore di Dio che chiede il nostro aiuto. Buon passaggio alla vita nuova, a volti nuovi, alla notizia buona e bella. Buona Pasqua.

La Résurrection n’est pas une sortie imaginaire du monde réel, mais le surgissement de la vie même de Dieu au beau milieu de nos existences.
Je vois les visages des hommes et femmes, petits, jeunes, adultes et âgés, visages qui souvent frappent à notre porte pour demander un aide : Emmanuel, Christian, Véronique, Pascha, Gabriel… Je suis sûr - et je l'attends - que la Résurrection du Seigneur changera leurs visages, mais ils seront toujours là pour demander de partager, de communiquer à la joie de la vie ressuscitée, la vraie bonne nouvelle à annoncer. Et pour moi, pour nous, la joie de grandir chaque jour dans l’amour de Dieu qui demande notre aide. Bonne passage à la vie nouvelle, aux nouveaux visages, à la nouvelle bonne et belle. Bonnes fêtes de Pâques.


Resurrection is not an imaginary exit from real world, but the emergence of the very life of God in the midst of our lives.
I look at faces of men and women, children, youths, adults and aged, who often arrive knocking on our door asking for a help: Emmanuel, Christian, Veronica, Pascha, Gabriel ... I'm sure - and I expect - that Resurrection of the Lord will change their faces, but they will always be here to ask for sharing, to communicate the joy of the risen life, the really good news to be announced. And for me, for us, the joy of growing every day in the love of God who demands our help. Good crossing to the new life, new faces, to the news good and beautiful. A Great Easter.


vendredi 30 mars 2012

Ero senza casa... avevo fame...

Si corre veramente il rischio di essere ripetitivi e stancare chi legge le notizie congolesi. Problemi di corruzione, di malgoverno, di povertà, di salute... Sarebbe bello parlare della normalità della vita quotidiana, dei giovani che riescono a metter su una piccola impresa e si impegnano al massimo, delle scuole che pur con pochi mezzi offrono un buon livello di educazione. Solo che poi ci si scontra con la realtà che ti bussa fisicamente alla porta. È ancora lo stesso Emmanuel di un paio di post fa. La situazione della sua famiglia si è fatta grave. Pensavo di dovergli dare una mano per gli studi invece le esigenze che sono emerse sono ben altre. Emmanuel, quattordici anni, è l'unico "uomo" in una famiglia di sette donne, dopo che il padre li ha abbandonati. E si coglie il suo coraggio e la sua intraprendenza di "capofamiglia", ma anche tutta la fragilità, che "incarna" tutti i disagi tipici della società congolese. L'altra notte la famiglia di Emmanuel è stata cacciata dalla casa; la mamma mi ha inviato un chilometrico messaggio di aiuto verso le 23. Ovviamente non ho potuto fare nulla. L'indomani Emmanuel si è presentato stanco e affamato a presentarmi la situazione. Fortunatamente il capo quartiere alle tre di notte aveva convinto il padrone di casa a far rientrare la famiglia e a dare un nuovo termine di pagamento. Emmanuel si presenta sempre con il suo registro scolastico personale. Penso sia la cosa che gli interessi maggiormente: poter proseguire i suoi studi, nonostante tutto. Solo che oggi Emmanuel si è presentato più affaticato del solito, con una crisi di malaria. Allora, dopo avergli dato qualcosa da mangiare, l'ho inviato al centro medico dove l'hanno visitato e gli hanno consegnato alcuni medicinali. Ma il vero problema che il medico ha segnalato non è tanto o solo la malaria, ma la denutrizione. Ha fatto una lunga lista di cibi di cui il ragazzino avrebbe bisogno. E qui si ritorna al solito problema... Veramente, si vorrebbe raccontare altro, ma come lasciare solo Emmanuel e la sua famiglia tutta al femminile?

dimanche 25 mars 2012

Per le strade del mondo


Rilancio l'intervista che Giuseppe Cutrona ha realizzato per il sito www.daportasantanna.it
Nel giorno del ricordo dei missionari martiri abbiamo raggiunto padre Roberto Ponti, missionario paolino in Congo, per conoscere la sua esperienza di missione e per condividere insieme a lui il valore di questa giornata che la Chiesa ci invita a vivere nella preghiera e nel digiuno.

Padre Roberto, raccontaci la tua esperienza di missione. Come hai vissuto la chiamata verso questa nuova terra lontana da casa e dagli affetti? Di cosa ti occupi e in cosa consiste la missione paolina in Congo? «Sono arrivato circa un anno fa a Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, dove i missionari “bianchi”, che con la loro presenza hanno portato all’ampia diffusione del Vangelo, sono ormai una esigua minoranza. La Chiesa congolese ha ora le sue sicure basi autoctone. Ho sentito l’invito della mia comunità come un’opportunità per arricchire la mia vita e la mia fede. La comunità paolina a Kinshasa è giovane e io mi trovo a dividere il tempo tra la formazione dei futuri religiosi e la responsabilità di alcuni uffici come quello di economo, per gestire i nostri progetti di evangelizzazione tramite i mezzi di comunicazione. La nostra casa editrice segue essenzialmente la linea che ci contraddistingue ovunque nel mondo: Bibbia, famiglia e comunicazione sono i nostri riferimenti. Siamo poi impegnati nella preparazione e nella diffusione di testi scolastici, per aiutare le giovani generazioni ad avere materiali adatti alla formazione. La tipografia poi ci permette di dare lavoro a più di cinquanta famiglie e diventa un impegno serio fare in modo che si possa continuare con professionalità».
Com’è il rapporto con la comunità locale, ti sei mai sentito in pericolo o semplicemente rifiutato? «Sono stato ben accolto, non solo in comunità ma anche per strada dove la gente ti saluta e ti sorride. Nel momento più critico del periodo elettorale, lo scorso mese di dicembre, come occidentali si era additati a causa delle situazioni negative e di sfruttamento del Paese, ma non ho visto violenze o gesti diretti contro stranieri. Con il passare del tempo sono più conosciuto nel mio quartiere e aumentano coloro che bussano alla porta per un aiuto. Le situazioni che si presentano sono le più disparate, ma tutte fanno toccare con mano quanto sia difficile vivere in una città immensa come Kinshasa. Tanti ragazzi e giovani faticano per pagarsi le spese della scuola o dell’università; tanti papà e mamme non possono permettersi di pagare le cure per i propri figli; le famiglie sono ricche soprattutto di figli e si accontentano di vivere in spazi molto ristretti. Ciò che non manca è la fede, che conosco soprattutto attraverso chi, pur dovendo percorrere lunghe distanze, inizia la giornata con la celebrazione dell’eucaristia e condivide con la mia comunità l’ascolto della Parola di Dio».
Cosa hanno di speciale i missionari? Perché nell’immaginario comune attraggono pure i non credenti? «L’idea classica di missionario è quella di un coraggioso, capace di sradicarsi dalla sua terra, dalle sue abitudini, per mettere nuove radici in un popolo sconosciuto, in una terra da abitare dove condividere gioie e sofferenza. Immettersi in una nuova cultura, assumere nuovi ritmi e spesso confrontarsi con situazioni al limite della vivibilità rimane una sfida che affascina. L’uomo, la donna, sono costruttivamente aperti all’incontro e alla scoperta e il missionario è persona di connessione, di incontro. “I semi del verbo”, la presenza germinale della salvezza portata dal Cristo Gesù e diffusa in ogni cultura e in ogni luogo, permettono scambi e relazioni che sorpassano ogni frontiera. Questo rende la missione sempre interessante e affascinante».
Che valore può avere per i cristiani e i non cristiani una giornata di ricordo e commemorazione di tanti uomini e donne di fede? Perchè è importante parlarne o addirittura pregare e digiunare? «Mi viene subito in mente la famosa affermazione di Paolo VI in Evangelii Nuntiandi: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (EN, 41). Tutti siamo in ricerca di qualcuno da ascoltare, di esempi da seguire per rendere la nostra vita carica di significato. Mettersi in ascolto di chi ha dato tutto per portare un annuncio di pace e gesti di vita nel nome di Gesù è un modo per arricchirsi nel profondo. Sappiamo che in questa data si ricorda l’assassinio dell’arcivescovo Romero, di un missionario “nella sua stessa patria”, un uomo che attraverso un cammino di conversione al Signore e di coerenza personale ha saputo essere segno di contraddizione e di giustizia. Pregare e digiunare è lo stile riconosciuto da tutte le religioni, e in qualche modo anche da chi non ha alcuna fede, per ritrovare spazio e disponibilità all’ascolto e al cambiamento. Ricordare i missionari martiri non è un momento di lutto, è piuttosto una festa di popoli che si ritrovano attorno ad esempi luminosi di fede incarnata in tutte le sue dimensioni».

mardi 13 mars 2012

Emmanuel



Ancora una volta mi trovo davanti ad una situazione che non può lasciarmi indifferente. Sono in tanti che bussano alla porta della Comunità Paolina di Limete ed è invalso l'uso di farsi preannunciare da una lettera. E i congolesi conoscono bene i passaggi burocratici (la pesantezza della burocrazia statale è uno dei blocchi ad un possibile sviluppo della nazione...) per cui sanno come scrivere una lettera per presentare le proprie richieste in maniera circostanziata. Ovvio che bisogna saper distinguere richieste vere e richieste meno vere... Per questo chi bussa arriva a presentare anche fatture, preventivi, finanche certificati di decesso al fine di essere più credibili nelle richieste. Purtroppo non si può dire di sì a tutti ed è spesso l'emozione a fare la differenza. È quanto capitato con Emmanuel, del quale è arrivata sul mio tavolo una lettera firmata "l'allievo Emmanuel". Quando la portineria l'ha fatto entrare nel mio ufficio mi son trovato davanti un ragazzino smilzo, con il fiato corto per la paura, ma sufficientemente risoluto per presentare anche a voce la sua richiesta: per continuare a seguire i corsi e recuperare gli esami non fatti a scuola aveva bisogno di un aiuto economico. Come fare a dire di no? Per quanto potevo gli ho dato una mano. Gli ho chiesto però di farmi avere la prova che l'offerta arrivasse effettivamente a destinazione. Così sabato scorso l'ho rivisto al cancello, zaino in spalla, e mi ha presentato il suo registro personale con la dichiarazione timbrata e firmata dalla sua scuola che attestava il versamento delle tasse. Insieme, però, ecco una nuova lettera, questa volta di sua mamma. Oltre a ringraziarmi, mi ha presentato la situazione che vive: abbandonata dal marito, deve far crescere oltre a Emmanuel altre quattro figlie, che ovviamente dovrebbero essere aiutate per poter andare a scuola. E lo stesso Emmanuel ha ancora bisogno di qualcosa per cominciare a pagare la rata del secondo trimestre. La sua camicia, in origine bianca, ingiallita dalla polvere che a Kinshasa è sempre nell'aria e dal sudore, dice la fatica di tirare avanti. Ma il sorriso non manca sul suo volto. Un po' di speranza c'è sempre nel cuore di un vero congolese.

dimanche 26 février 2012

Prima o poi...

... doveva capitare! Niente di eccezionale, ma solo voglio raccontare l'esperienza di arrivare all'Aeroporto di N'Djili e... non trovare nessuno ad accoglierti. Lunedì scorso: volo Lubumbashi-Kinshasa dopo la visita alla comunità di noviziato in Katanga, Lubumbashi (la capitale economica del Congo, circa 2000 chilometri, nell'estremo sud est). Come solito, all'ultimo momento, si viene a sapere che il volo farà scalo a Kananga (Kasai), il che comporta un'ora abbondante di ritardo sul previsto. Chiamo la comunità per avvisare e so che qualche confratello, con molta pazienza, partirà presto per essere in orario e raccogliere me e i bagagli a N'Djili. Se non c'è traffico il tragitto Limete - N'Djili si percorre in 30 minuti, con il traffico, se ti va bene e non è tutto completamente bloccato, ci si impiega almeno il doppio del tempo. Ma questa volta il veicolo è andato in panne, la comunicazione non è entrata in gioco velocemente ed io, sicuro che qualcuno fosse in arrivo, mi sono fatto trovare fuori sulla grande strada che conduce all'aeroporto con valigia e due scatoloni al seguito. Senza contare la piccola avventura già vissuta al ritiro bagagli. In genere ci si fa aiutare da qualche giovane che con una divisa approssimativa da aeroporto si offre per aiutare a riconoscere il bagaglio e a trasportarlo fuori (non ci sono infatti carrelli per tutti). Usano il biglietto per controllare il numero e il nome sul bagaglio. Solo che stavolta la security non ha gradito la cosa, ha cacciato tutti gli aiutanti abusivi e con loro il mio biglietto. Per cui non ho potuto dimostrare all'uscita che il bagaglio era il mio... se non offrendo una piccola ricompensa al controllo. Ritorno fuori dall'aeroporto, non prima di aver "ricompensato" anche i militari all'uscita che avendo un fucile in mano fanno in fretta ad esigere una mancia. Dopo aver appurato che nessun veicolo della comunità mi stava aspettando né si intravedeva all'orizzonte, con i due scatoloni (un cartone di pesce e alcune paia di scarpe) e valigia al seguito mi faccio aiutare (con adeguata ricompensa) a trovare un taxi per arrivare in comunità. Mica facile, perché oltre a dover intuire che il mezzo è adeguato (cioè non mi lascerà a piedi per strada), bisogna contrattare il prezzo. E per chi è alla prima volta non è affatto facile. Fortuna ha voluto che il taxi aveva già a bordo un signore che aveva viaggiato sullo stesso volo e che doveva arrivare a metà percorso rispetto alla mia meta. E il taxista è stato onesto nell'accettare un'offerta equa. Così, dopo circa un'ora e con la deviazione che mi ha fatto scoprire un nuovo quartiere di Kinshasa (dove doveva arrivare il primo passeggero) sono arrivato sano e salvo a casa. Soddisfatto di essere riuscito in un'impresa che non è facilissima. Ma prima o poi doveva succedere.

samedi 21 janvier 2012

Chi aiutare?

Si intravvede qualche piccolo passo verso una situazione sociale tranquilla qui a Kinshasa, anche se non mancano motivi di incertezza: i vescovi congolesi in un comunicato "chiaro e forte" hanno chiesto che ciascuno si prenda le proprie responsabilità nel processo post-elettorale in vista di realizzare verità e giustizia. E chi non è in grado di lavorare per questo - il messaggio si fa qui particolarmente duro - è bene che si faccia da parte, che si dimetta. Le reazioni sono state molto disordinate, non cogliendo fino in fondo il senso di richiamo al bene comune. D'altra parte i problemi quotidiani del Congo rimangono gli stessi e la gente comune vorrebbe vedere qualcosa che cambi in meglio... Ma l'elenco di coloro che si presentano e bussano alla mia porta per un aiuto si allunga. Poiché passando le festività in Italia ho ricevuto alcune somme da destinare ai più poveri, ora si tratta di individuare chi ne ha realmente bisogno. E' facile pensare subito ai bambini, che hanno necessità di tutto. Ma oltre ai più piccoli penso ai giovani che chiedono un contributo per terminare gli studi e ai papà che con un piccolo investimento vorrebbero risollevare le sorti della loro famiglia. Poi ci sono le mamme che in genere sono preoccupate di curare le malattie dei propri figli. Oltre ad accertarsi che le richieste siano vere e non nascondano falsità, la riflessione in questi giorni è proprio su come esercitare una piccola carità che possa essere un vero piccolo aiuto in vista di costruire un futuro migliore.