lundi 18 mars 2013

Un papa in moto


 A Kinshasa la notizia ha viaggiato soprattutto attraverso gli squilli dei cellulari. Non tutti hanno potuto seguire l’habemus Papam in TV perché buona parte della capitale era senza energia elettrica per uno dei ricorrenti black-out. Lo stupore per la novità e gli interrogativi sulla persona chiamata al grande compito hanno lasciato presto lo spazio alla gioia. Il vuoto che si era creato con le dimissioni di papa Benedetto è riempito. Sembra un’affermazione semplicistica ma qui in Congo è l’aspetto più sottolineato. Eravamo diventati orfani, ci mancava un padre, un riferimento, ora l’abbiamo ritrovato. Solo dopo possono cominciare tutte le altre considerazioni. Il fatto che l’eletto non fosse tra i papabili più citati negli ultimi giorni ha rassicurato chi si trova a vivere dove tutto sembra già scritto e deciso dal “pouvoir en place”. È la Provvidenza a guidare la Chiesa, le dimensioni carismatica e spirituale, quelle che il senso religioso innato negli africani meglio percepiscono, hanno avuto il sopravvento su ipotetiche scelte geopolitiche. Anche se ovviamente non passa inosservata la provenienza latinoamericana del nuovo successore di Pietro, il sud del mondo inizia ad avere una voce ascoltata.

In alcuni quartieri si è scesi in strada per festeggiare: la musica e qualche birra non mancano mai e così, ciò che non ha potuto fare l’informazione ufficiale l’ha fatto il passaparola. La gente semplice non ha colto immediatamente il valore simbolico della scelta del nome. Pape François, come il poverello d’Assisi che vivendo e annunciando il Vangelo ha “riparato” la Chiesa. E inoltre papa Francesco è un gesuita. Nei paesi di missione i gesuiti sono conosciuti per il grande impegno sociale, fatto senza risparmio di energie e di mezzi, nel nascondimento. Mi piace associare il gesuita Bergoglio, nuovo Papa, al suo confratello Henry de la Kethulle, impegnato in Congo per la lotta alla depranocitosi, una malattia invalidante, simile all’anemia mediterranea, che può essere prevenuta e curata con un’adeguata profilassi. Ieri mattina padre Henry, che ha ampiamente superato gli ottant’anni, ha raggiunto in moto la nostra comunità paolina per condividere un progetto di divulgazione per combattere la drepanocitosi. Vorrebbe coinvolgere il ministero dell’educazione del governo congolese per raggiungere il più ampio numero di giovani. Da vero gesuita, di nobili origini, riesce a far convergere sulle sue iniziative l’impegno di carità degli strati sociali più agiati, per far crescere umanamente e spiritualmente chi non ha nulla, nemmeno la salute. Speriamo che il suo progetto si realizzi e che noi paolini possiamo dar man forte a questo impegno. Mi immagino così anche Papa Francesco: in moto per arrivare ai più poveri, ai più disperati, magari non una moto a due ruote, ma un “moto spirituale” che guidi tutta la Chiesa, e la Chiesa africana in particolare, alla condivisione, nella giustizia e nella pace.