samedi 24 décembre 2011

Uno sguardo da incrociare

Vivo per la prima volta il Natale in Africa, ai 30 gradi di Kinshasa. Questo mi obbliga a ripensare il modo di vivere l'accoglienza del Signore. Dio nasce nel nostro mondo perché l'uomo nasca in Dio. Non si tratta solamente di un avvenimento datato e situato. A Natale celebriamo la memoria della nostra speranza. Dio si fa vicino a noi, così vicino che ci può vedere attraverso gli occhi di un bambino. E in questo bambino, Dio diventa un volto da contemplare, uno sguardo da incrociare, una parola da ascoltare. Nascendo nel mondo, Dio impegna l'uomo nel mondo perché si assuma le sue responsabilità a gloria di Dio e al servizio degli altri: artigiani di pace, costruttori della civiltà della giustizia, creatori di legami che favoriscano la riconciliazione. Come dice Don Alberione: la nostra vita ha sempre avuto la sua nascita in Gesù Cristo e, come lui, dalla culla. Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terrà pace agli uomini, da lui amati. Buon Natale!

lundi 19 décembre 2011

Dans la paix

Il clima è di attesa continua a Kinshasa, un clima che diventa sempre più difficile decifrare. Le giornate sembrano aver ripreso il loro corso normale e qualche albero di Natale fa timidamente capolino in comunità. Non è facile capire se questa calma di superficie stia preparando il dialogo e la pace o stia piuttosto aumentando la tensione fino ad una possibile esplosione di violenza. Sono di nuovo giorni decisivi: il presidente "ufficiale" Joseph Kabila Kabange domani, 20 dicembre, presterà giuramento; ma il suo oppositore autoproclamatosi presidente Etienne Tshisekedi wa Malumba farà la stessa cosa venerdì 23. Mezzi corazzati e carri armati presidiano gli incroci delle maggiori arterie della capitale. Non sono più stati riscontrati - per quanto mi risulta - né spari, né particolari episodi di turbolenza. Quando in comunità si apre la discussione sull'argomento, sulle prime si riaccendono gli animi. Poi si riesce anche a cogliere il senso umoristico della situazione: due presidenti, due giuramenti, due discorsi... non sono certo la normalità. Si cerca di capire le ragioni di una tale situazione. Con la fine della colonizzazione, tra le prime cose ad essere messe da parte ci furono le tasse. Comprensibile che ricordassero oppressione e sfruttamento. Ma fino ad oggi se ne pagano - è proprio il caso di usare questo verbo - le conseguenze, nel senso che si è creata l'incapacità a contribuire concretamente al bene comune, sviluppando invece l'idea di dover approfittare dello stato, cercando di partecipare al potere per averne un beneficio personale. Negli animi però rimane un desiderio di veri ideali, di un paese più vivibile e capace di utilizzare le sue ricchezze. Di due presidenti uno è evidentemente di troppo, ma perché si trovi un accordo servirà qualche passo indietro e la coscienza di quanto dice l'inno nazionale...pour de bon prenons le plus bel élan, dans la paix... nous bâtirons un pays plus beau qu'avant, dans la paix.

samedi 10 décembre 2011

Coups de feux ed eucaristia

Il suono di fondo di questo sabato mattina sono i colpi di pistola. Per fortuna sembra siano tutti indirizzati in aria, allo scopo di disperdere i gruppi di manifestanti. Ma il rumore rimane inquietante. La situazione non evolve, anzi si complica: colui che è stato dichiarato sconfitto dai risultati "ufficiali", Etienne Tshisenkedi, rivendica la sua vittoria e si è proclamato presidente. Circolano già tabelle e grafici con i risultati "corretti" che dicono l'opposto di quanto annunciato ieri. In alcuni quartieri di Kinshasa gruppi di Kuluna (gang di giovani armati di machete che di solito operano la notte) o comunque di chi approfitta della situazione incerta hanno saccheggiato esercizi commerciali, prendendo di mira soprattutto i cinesi, che a Kinshasa sono in gran numero, in seguito anche degli accordi con il presidente Kabila per i lavori pubblici che sono portati avanti da aziende della Repubblica Popolare Cinese. Difficile intuire l'evoluzione. Qui intanto la vita quotidiana deve far fronte alla situazione d'emergenza, che per una comunità si riesce sempre a rimediare. L'energia elettrica e l'acqua non arrivano dalla rete, per cui si lavora con gruppo elettrogeno e pompa dal pozzo, solo che le riserve di gasolio devono essere salvaguardate. Il cuoco è bloccato a casa sua e così i giovani si danno da fare in cucina. Termino la testimonianza con il ricordo di un confratello di cui ho scritto sulla mia pagina Facebook. Proprio 50 anni fa come oggi, don Michelino Gagna, missionario paolino a Elisabethville - l'odierna Lubumbashi - moriva nella sua vettura colpita dai proiettili e bruciata mentre cercava di mettere in salvo l'Eucaristia lasciata incustodita nella cappella delle Paoline. Era infatti in corso la guerra di secessione del Katanga. Forse un po' di avventatezza nell'affrontare il pericolo, ma senz'altro un grande amore per l'Eucaristia, ricevuto nel carisma paolino da Don Alberione l'ha portato ad osare tanto, troppo. Così ora possiamo chiedere da lui una preghiera speciale per questa terra.

vendredi 9 décembre 2011

Il presidente forse c'è. Quale futuro?

Da qualche minuto sono stati annunciati i risultati delle elezioni presidenziali (provvisori perché ancora appellabili). Un po' avventatamente mi trovavo proprio davanti alla sede della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) quando diverse telefonate ci hanno resi coscienti che propri alle ore 16.30 iniziava la lettura dei dati. Allora via di corsa, verso la nostra comunità a Limete. Il percorso che con un traffico medio si può fare in 45 minuti l'abbiamo compiuto in un quarto d'ora: veramente Kinshasa in questi giorni è bloccata, ferma. La litania dei risultati è lunga: il pastore protestante Daniel Ngoy Mulunda che presiede la CENI ha snocciolato nomi e numeri per arrivare al dato finale, le due cifre veramente attese: Joseph Kabila Kabange 48,95%, Etienne Tshisekedi 32,33% dei suffragi, con il rimanente 20% ripartito tra gli altri candidati che dall'inizio era fuori gioco. Così il quarantenne Kabila, arrivato al potere dieci anni fa per risolvere la situazione politica dopo l'assassinio del padre Laurent Kabila si ritrova di nuovo presidente. I dubbi sulla trasparenza del processo elettorale rimangono e questo segna il percorso che inizia oggi. E ciò che riserverà il futuro di questa nazione è ancora in gran parte oscuro. Riemergono poi due grandi temi che solo una leadership illuminata potrebbe dipanare: il regionalismo e il tribalismo, che segna fortemente la scelta della classe dirigente e quindi anche il rapporto tra il popolo e i vertici della nazione; l'ingerenza straniera con i grandi rapporti economici a stabilire strategie di sviluppo che poco coinvolgono i cittadini, costretti a subire. Non sono teorie che elaboro a tavolino ma il contatto vivo con la mia comunità che rispecchia appartenenze regionali diverse e ragiona spesso ad alta voce. Poi, prima di arrivare a risolvere queste questioni la stragrande maggioranza dei congolesi attende risposte più concrete: scuole, strade, ospedali, mezzi pubblici di trasporto, sicurezza e giustizia. Situazioni non certo semplici aspettano il presidente, che - se non interverranno elementi nuovi - dovrà prestare giuramento tra qualche settimana. L'attesa quindi non è terminata...

mardi 6 décembre 2011

Prove di dialogo?

I risultati delle elezioni presidenziali non saranno resi noti questa notte, come previsto dal calendario della Commissione elettorale indipendente, ma tra due giorni. Una notizia in parte attesa - i lavori di compilazione sono ancora in corso e non si sa bene quanto ci vorrà per arrivare a dati certi, in parte temuta, perché la reazione del maggiore oppositore dell'attuale presidente e candidato Joseph Kabila, Etienne Tshisekedi, poteva essere dirompente. Ma la diplomazia sta facendo la sua parte. Chiamiamolo il volto positivo di quell'ingerenza straniera che in sé lascia un po' a disagio, ma può dare un aiuto a costruire dialogo e quindi a stemperare possibili violenze. Raccolgo queste impressioni ancora una volta più dai volti dei "miei" giovani: più distesi, meno agitati, con un mezzo sorriso. Rimango osservatore interessato e coinvolto: in gioco c'è il futuro di una nazione che ha qualcosa da dire all'Africa, al mondo intero e che, dal punto di vista della fede cristiana, può essere un contributo di freschezza. Come ha detto Benedetto XVI nell'ultimo documento da lui firmato, che è dedicato a questo continente: "Possa la Chiesa cattolica in Africa essere sempre uno dei polmoni spirituali dell’umanità, e diventare ogni giorno di più una benedizione per il nobile Continente africano e per il mondo intero". Attendiamo ancora... con uno sguardo ottimistico di speranza. Intanto un temporale sta bagnando la capitale: che l'acqua porti benedizione e non distruzione nelle povere case di Kinshasa.

Vous, les européens...

Tante sensazioni in questo giornata, "Jour J" - "D Day" per la Repubblica Democratica del Congo: si attendono i risultati delle elezioni svoltesi il 28 novembre. Voci discordanti si rincorrono. Ma ciò che mi fa più riflettere è il volto pensieroso, direi accigliato, di molti giovani. Speravano (e sperano ancora...) in un possibile cambiamento, nella crescita vera della democrazia, nel rispetto delle idee e della vita di ciascuno, dello sviluppo a partire della enormi ricchezze naturali. I segni che finora sono giunti indicano invece una volontà di mantenere lo status quo, una certa indeterminatezza delle cose che permette a pochi di sfruttare al massimo le ricchezze che apparterrebbero a tutti, e questo - sembrerebbe - al di là della volontà popolare espressa nel voto. E - ben inteso - non si tratta poi solo di una ricchezza quantificabile, ma di un patrimonio di idee e di progetti che rischiano nuovamente di essere affossati. E si capisce dalle reazioni dei più giovani quanto questo brucia nel loro intimo. Qualcuno, forse con un po' di esperienza o spregiudicatezza in più, riesce a scherzarci sopra, a dire che bisogna solo avere un po' di pazienza, attendere ancora qualche anno... Ma veder soffrire i giovani con i loro sogni e le loro attese fa sempre male. Si può trovare una ragione a questa situazione? La più scontata, ma non per questo senza basi di verità, è di incolpare l'occidente o il cosiddetto mondo economico. Mi sono visto l'indice puntato contro, non con violenza, ma con la determinazione delle idee: l'occidente, o almeno un certo occidente, vuole imporre le sue regole, qui come altrove. E noi europei rappresentiamo questo occidente, anche se ho potuto spiegare - immediatamente compreso - che io con la politica estera dell'Unione Europea o di altri stati occidentali ho poco a che spartire. E, ho risposto, spetta ai congolesi - questo un semplice consiglio - di farsi sentire con forza delle parole, con la forza delle idee e dell'informazione, per far conoscere a tutti la vera situazione del loro paese e per cercare lo slancio interiore, esteriore e politico per i necessari cambiamenti. Aspetto con una certa ansia l'arrivo di questa notte per capire a cosa lascerà il posto il silenzio quasi irreale di queste ore. Un modo interessante per sperimentare l'atteggiamento tipico del tempo liturgico dell'Avvento, un'attesa nella preghiera.